Dire che non ho mai seguito le mode non corrisponderebbe alla verità. Ma in tutta onestà chi di voi, bradipolletori, non ne ha mai seguita una?

Credo nessuno.

La mia generazione cresciuta prima con il beat, con il dualismo Beatles-Rolling Stones, e poi con il rock dei Led Zeppelin e i Deep Purple, per poi passare al progressive dei King Crimson e qui in Italia PFM e Banco del Mutuo Soccorso, si è trasferita nello spazio con l’Apollo 11, sbarcando sulla Luna, ma ha continuato a navigare nel cosmo grazie ai Pink Floyd ha quindi attraversato modi e stili diversi di vita, usi e costumi e di conseguenza, mode.

Qualche esempio?

Ne cito qualcuno a caso: capelli lunghi, pantaloni svasati per lui, a zampa d’elefante per lei, giubbotto di pelle, il chiodo, camicie con i colletti lunghi, camicie senza colletto alla coreana, camicie a fiori, stivaletti e texani, cravattino di cuoio, l’eskimo, tascapane militare usato come cartella, i ray ban con le lenti a goccia da pilota.

E se ne ho tralasciato qualcosa è solo perché questi citati li ho seguiti tutti, altri non so.

E le critiche; tagliati i capelli, vestiti decentemente, ma hai solo quello da metterti? Ecc… ecc… ecc…

Ma dove voglio arrivare con questo mio articolo?

Sto invecchiando e pertanto mi trovo nella fase dei confronti con quanto vedo oggi: i piercing estremi o tatuaggi improbabili non li prendo nemmeno in considerazione, non mi piacciono, io non me li farei mai, ma ognuno è libero di farseli come gli pare.

Quello che in vece non capisco sono quelle mode che non si sa chi le abbia lanciate, ma che sono molto seguite anche se oggettivamente stupide, usando una parola gentile.

Andare in giro con i pantaloni abbassati sotto i glutei per mostrare le mutande sembra che ora stia finalmente passando, ma che dire dei stivali di pelle o scamosciati portati d’estate? Non vorrei essere in quella casa quando per forza di cose chi li ha indossati li dovrà togliere.

Forse questa estate non ci saranno più e si ritornerà alle espadrilles un po’ più fresche e idonee alla stagione calda.

Per una strana legge del contrappasso agli stivali estivi ecco che quest’inverno si andava in giro, nella neve, con le scarpe da ginnastica di pezza, i fantasmini e i risvoltini.

Imbacuccati all’inverosimile, ma le caviglie nude.

Quando facevo lo scout andavo in giro con i pantaloncini corti anche d’inverno, ma i piedi erano ben coperti, caldi, grazie a calzettoni di lana e scarponcini.

Piedi caldi, la gamba non patisce e se piove i calzoni corti sono più pratici perché si bagnano meno e asciugano prima rispetto a quellilunghi.

Comunque ho trovato il solito articolo sul quale riflettere dopo quanto da me scritto.

È tratto dal sito dailybest.it a firma di Simone Stefanini

Siamo usciti sotto la neve coi risvoltini per capire cosa provate quando lo fate

Abbiamo provato per voi l’insana moda di andare in giro coperti dalla testa ai piedi lasciano fuori le caviglie nude sotto la neve

Nel viaggio tra casa e lavoro c’è sempre qualcuno che si domanda: “Ho visto un tipo con le scarpe senza calzini e coi risvoltini sotto la neve, ma come fa?”. Effettivamente, un po’ come la storia del calabrone che fisicamente non potrebbe volare ma poi se ne frega e vola lo stesso, così anche quelli che seguono la moda della caviglia scoperta potrebbero con l’evoluzione essere diventati selettivamente atermici, proprio nei punti in cui la carne si mostra nuda.

Il nostro team di scienziati senza licenza ha voluto provare l’ebrezza di tale bizzarria e senza indugio è stato selezionato un candidato perfetto per l’esperimento, una persona che mai è stata tentata nella sua vita dal risvoltino che lascia la caviglia alla mercé delle intemperie.

Una volta denudate le caviglie dagli obsoleti calzini (o eventuali doppi calzini, vista la stagione), egli ha reintrodotto le fette all’interno delle Dr. Martens d’ordinanza, poi ha arrotolato i pantaloni quanto più gli ha permesso la coscienza e si è fatto un giro nell’isolato, tra i marciapiede colmi di candida neve che ha ammantato l’operosa Milano in questi giorni.

Le sue parole che abbiamo raccolto per l’esperimento sono state un susseguirsi d’epiteti offensivi nei confronti dei tempi moderni e del Padre Celeste, che non abbiamo il cuore di condividere con voi. Nella sua prova, egli non ha ravvisato alcun tipo di beneficio che la temperatura sotto lo zero e la vicinanza oggettiva della caviglia nuda alla neve possa infondere nei soggetti usi a questa stranezza del tutto inspiegabile.

Al contrario, egli ci ha raccontato che quel pertugio di nudità fa irradiare il freddo dalla punta dei piedi su fino alla zona dell’amore, rendendo la camminata ostica e gelando persino i pensieri. Che sia questione di abitudine? Probabile, tuttavia abbiamo pensato a tre possibili ragioni alla base della moda del risvoltino d’inverno:

1) Il soggetto fa parte di una setta di persone che comunicano con questo tratto distintivo. La setta, che chiameremo Hipster, si è sciolta almeno 5 anni fa ma nessuno l’ha avvertito.

2) Il soggetto sta partecipando a una gara di resistenza alla vita della quale non sappiamo assolutamente niente. 

3) Il soggetto applica i fondamentali del masochismo e si denuda al freddo per aumentare il godimento quando arriva a casa e s’infila i doppi calzini dopo aver messo i piedi nell’acqua calda per evitare l’ormai raggiunta ipotermia.

Non abbiamo purtroppo dati scientifici che possano suffragare le nostre teorie ma non abbiamo neanche riscontrato nessuna possibile alternativa alle tre descritte sopra. Nel caso siate portatori sani di tale patologia, sentitevi liberi di partecipare al confronto e di raccontarci i vostri perché dietro l’insana abitudine di coprirsi dalla testa ai piedi sotto la neve lasciando accuratamente fuori le caviglie. Vi ringraziamo anticipatamente per aver aiutato la ricerca.

Per questa volta mi fermo qui, attendo vostre critiche o magari qualche ragguaglio in più.

Vi lascio comunque, come sempre, alla canzone che da il titolo all’articolo: Fashion del duca bianco David Bowie Buon ascolto…

Foto e Immagini di Gianfranco Gonella e Giuseppe Rissone 



3 Commenti to “# il mito ostinato”

  1.   Claudio Savergnini Says:

    Ciao Gianfranco! Io mi ricordo anche che nei primi anni settanta il tascapane militare usato invece della cartella veniva dai più personalizzato con disegni (molto in voga era il simbolo della pace ma non mancavano né la svastica nè il simbolo delle SS…) Erano presenti simboli vari, teschi con le tibie incrociate, rune, la formula di Einstein, o anche frasi, citazioni da poesie o canzoni dell’epoca…. Ma fra i tanti che ricordo, uno in particolare mi aveva colpito: proprio il tuo! Ci avevi scritto: “Le bombe c’è chi le fa e c’è chi le U.S.A.”; non so se fosse tutta farina del tuo sacco o se l’hai copiata da qualche parte ma possiamo comunque dire che chiunque ne sia stato l’autore ha enunciato un vaticinio! Di tante cose di allora che sono ormai tramontate quella frase è forse l’unica a non essere mai passata di moda! L’unica cosa che posso dire è che, di questi tempi, la sigla finale andrebbe integrata estensivamente con molti più riferimenti, politici e geografici…
    Claudio S.

  2.   Giuseppe Says:

    Ricordo anch’io quella frase, quindi non è farina, almeno credo del caro Gian, la mia era stampata su di un adesivo della bandiera americana….
    saluti!

  3.   gian Says:

    Effettivamente non era farina del mio sacco, ma tra noi ragazzi sessantottini girava molto.
    Sul mio tascapane comunque avevo anche cucita la bandiera cecoslovacca.
    La politica già in quegli anni era una dei miei interessi oltre alla musica, ai fumetti da Topolino a Linus passando per il Corrierino, ai libri di Peter Kolosimo e i romanzi di Isaak Asimov, le auto da corsa (solo sognate) e alle belle ragazze (come le auto da corsa) ;-)

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